Armenia e il risveglio della coscienza mondiale

Nel febbraio del 1915, il ministro ottomano Enver Pasha ordinò l’eliminazione dei soldati di origine armena che servivano nell’esercito turco e il 24 aprile dello stesso anno, tutti i notabili armeni di Costantinopoli (oggi Istanbul) – medici, politici, scrittori, membri del clero e personaggi in vista – vennero arrestati ed esiliati nella profonda Anatolia dove vennero poi uccisi. L’eliminazione delle persone più rappresentative ed importanti della comunità armena rese successivamente molto più facile la deportazione del resto della popolazione. Il 24 aprile segna quindi la data d’inizio di quello che viene considerato il primo genocidio del XX secolo, il massacro sistematico compiuto dai Giovani Turchi e costato la vita a un milione e mezzo di armeni. Cent’anni non sono ancora bastati per fare riconoscere alla Turchia la vera natura di questo ingente massacro compiuto dagli stessi padri fondatori della moderna repubblica. Il governo di Ankara continua infatti a contestare il numero delle vittime, considerato “gonfiato”, e le violenze e uccisioni vengono ancora oggi attribuite alla prima guerra mondiale. Ci sono volute le parole del Papa Francesco a rivangare la questione, facendo scattare l’ira del governo turco che, di fronte all’uso del termine “genocidio” da parte del pontefice, non ha esitato a ribadire la sua ferma posizione negazionista. D’altra parte, organizzare le commemorazioni dell’inizio della campagna di Gallipoli, invitando più di 100 capi di stato, proprio in concomitanza con quelle del genocidio armeno, dimostra la chiara volontà del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di “distogliere l’attenzione della comunità internazionale dal 100° anniversario del genocidio armeno”, come ha apertamente dichiarato il suo omologo armeno Serzh Sarkisian. Le parole del Pontefice hanno tuttavia fatto molto di più. Rivolgendosi apertamente ai fedeli, ha conferito uno status di ufficialità alla “causa armena”, ignorata da molti e per lungo tempo passata in sordina. Non era infatti bastato il sostegno e supporto dei governi che hanno riconosciuto il genocidio e le prese di posizione di alcune celebrità o la legge francese che considera reato la sua negazione. Solo un po’ di rumore hanno fatto recentemente la consorte di George Clooney, Amal Alamuddin, che rappresenta l’Armenia in un processo di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo e la visita della star dello show-business Kim Kardashian che, assieme al marito Kanye West e alla sorella Khloe, è volata in Armenia, la sua terra d'origine, per commemorare il centenario del genocidio armeno. C’è voluto tuttavia l’angelus del Papa di domenica 12 aprile, a fare prendere, se non proprio coscienza, almeno ‘conoscenza’ della tragedia armena e risvegliare gli animi sulla questione. Poco effetto ha avuto la reazione della Turchia sul Pontefice che non ha esitato a ribadire la sua posizione parlando ieri di “camino della franchezza”, un chiaro invito al riconoscimento del genocidio armeno e un’ottima occasione per tenere acceso le luci dei riflettori sul piccolo stato caucasico che condivide con gran parte dell’Europa una matrice culturale cristiana.
Danielle Maion