Annunciata la rivoluzione copernicana delle grandi opere. Ne saltano decine, sarà vero

Secondo un principio secondo cui le scelte sono anche rinunce: il nuovo ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ha deciso, almeno ha annunciato, di voler sforbiciare le “grandi opere” alle quali non era mai stato negato il timbro di “priorità del paese”. Non lo aveva negato il suo predecessore Maurizio Lupi così come i ministri delle infrastrutture degli ultimi lustri. Se verrà attuata e non rimarrà un annuncio, sarà una rivoluzione copernicata, forse la prima fatta davvero dal governo Renzi che non si possa riferire alla volontà di poteri forti ai quali l'ex sindaco di Firenze è sembrato rispondere fino ad oggi in molte scelte. Probabilmente la situazione di coinvolgimento di una massa di grandi imprese in storie di tangenti e corruzione ha fatto comprendere quali e quanti rischi ci sono nel maneggiare delle opere decise e gestite da altri. Per non considerare poi che il termine strategico ed emergenziale è stata la foglia di fico dietro la quale nascondere indecenti patti d lottizzazione dei lavori, che provocavano, anche dopo un cambio di direzione politica, il mantenimento della suddivisione di una innominabile torta, la spartizione di quella cresta su costi dei lavori che provoca lo strano fenomeno tutto italiano che un chilometro di asfalto costi svariate volte più che in altri paesi europei.
Del Rio ha annunciato in sostanza un blocco di tutto questo. Vogliamo credergli non solo perchè la persona è certamente serie ed onesta, ma soprattutto perchè forse il governo si è reso conto che ben altre sono le emergenze del Paese e che a fronte di investimenti miliardari quelle grandi opere non portavano sviluppo ed occupazione se non in quantità percentualmente risibile rispetto agli investimenti e soprattutto a tempi lunghissimi. L'Italia ha bisogno invece di una imponete opera di manutenzione generale dell'esistente, dal dissesto idrogeologico alle ristrutturazioni di scuole, ospedali, ponti, tratti stradali e ferroviari pericolosi e fatiscenti. Queste opere polverizzate sul territorio potrebbero non solo cambiare il volto al Paese ma mettere in campo risorse per le piccole e medie imprese che si tradurrebbero in occupazione reale ed in tempi rapidi. Se la strada intrapresa sarà questa, potrebbe essere davvero il primo provvedimento del governo Renzi che convince fino in fondo. Sarà così? I dubbi permangono ma comunque nel Documento di economia e finanza che il Consiglio dei ministri ha approvato c'è anche un allegato infrastrutture che contiene soltanto trenta «opere prioritarie». Complessivamente, le trenta opere prioritarie valgono quasi 71 miliardi di euro. Di questi circa 48 miliardi sono già a bilancio, denari disponibili. Le infrastrutture ferroviarie sono quelle che ottengono maggiore attenzione, con 28 miliardi, di cui 15 disponibili: si va dalla Torino-Lione alla tratta del Brennero, all’attesa alta velocità tra Milano e Venezia e a quella tra Napoli e Bari. Le opere stradali valgono 25,2 miliardi di euro, di cui 17,3 disponibili. Il Mose di Venezia vale 5,4 miliardi, mentre le metropolitane di varie città tra cui Roma e Napoli valgono 12,1 miliardi . La verà novità è che spariscono, probabilmente definitivamente le autostrade Orte-Mestre e la Grosseto-Civitavecchia. Del resto le dichiarazioni di queste ore non sorprendono perchè sono parte integrante del pensiero del nuovo ministro che fina dalle prime ore della sua investitura abìveva fatto capire che avrebbe marcato la differenza rispetto ai suoi predecessori soprattutto nei rapporti con la struttura ministeriale. Del Rio ha deciso anche di lavorare in sinergia con il presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, forse una mossa più d'immagine che di sostnaza, per dare una mano di bianco ul passato e ricreare fiducia nell'azione governativa in tema di appati pubblici."Lavoreremo con Cantone a strettissimo contatto, sull'Expo, sul Mose, su tutte le grandi opere italiane, con molta trasparenza e in costante collegamento per la vigilanza sui lavori pubblici, per portarli a termine ma anche per rafforzare tutti i meccanismi anticorruzione", questo in sostanza aveva annunciato Del Rio, una decisione guida, aveva spiegato, presa insieme al premier Matteo Renzi. Il riferimento era anche alla Struttura tecnica di missione che 'sovrintende' la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali - per anni diretta dal super dirigente ora agli arresti domiciliari Ercole Incalza – struttura che resterà al ministero delle Infrastrutture. "Non solo rimarrà qua – aveva spiegato il neoministro parlando fuori dal dicastero - ma qui porteremo le unità di missione della scuola e del dissesto idrogeologico che coordinavo da Palazzo Chigi, perché il presidente del Consiglio vuole che ci sia un unico coordinamento dei lavori pubblici" in quella sede. Saranno "ripensate le funzioni" ed evitate "duplicazioni e sovrapposizioni con altri compiti come quello del Consiglio superiore dei lavori pubblici". Insomma nella strategia, alla luce della riduzione del numero delle opere faraoniche vi era già l'idea di cambiare strada. Lasciar perdere i grandi tagli di nastri per preferire più morigerate e utili per i cittadini cazzuolate sulle fatiscenti ma già esistenti tante strutture pubbliche. Il rischi è solo che questa rivoluzione qualcuno trovi il modo di bloccarla, soprattutto nei territori, dove gli interessi fra le opere che potrebbero finire nella tagliola di Del Rio sono trasversali al consenso di governatori di regione, assessori, sindaci e partiti vari. Basta vedere quanto è successo nel Pd del Lazio, dove il congelamento del progetto dell’autostrada Roma-Latina da parte del governo ha già fatto scatenare una spasmodica corsa alla smentita dell’annuncio del governo. "Il ministro Delrio ha già dato rassicurazioni sul reinserimento tra le infrastrutture strategiche" ha subito sostenuto il senatore Pd Raffaele Ranucci, membro della commissione Lavori pubblici. "La notizia del definanziamento della Cisterna-Valmontone, ha detto Ranucci, tratta fondamentale della Roma Latina, per la quale il Cipe ha già versato 600 milioni di euro è figlia di un malinteso e credo sia da escludere il suo inserimento nel pacchetto delle infrastrutture meno strategiche. Il Ministro Delrio, che questa mattina ha dichiarato sull’importanza di mettere mano alle emergenze ed ai lavori utili nel nostro Paese, ha già dato rassicurazioni in merito".