Analisi: In Grecia, dopo i colloqui a Bruxelles, nulla in realtà è davvero cambiato, tutto resta da fare

L'accordo raggiunto con l'Eurogruppo non è un successo per nessuno, non lo è certamente per Syriza, anzi è una grave battuta d'arresto sul fronte delle sue promesse elettorali.  Difficile valutare se Tsipras poteva fare di più comunque non è ancora una abdicazione ma una mediazione al ribasso. Il risultato è un miscellanea di riforme, un esercizio di pericoloso equilibrismo fra le esigenze per non scontentare le logiche delle misure europea e la crisi umanitaria in atto in Grecia. Insomma anche Syriza, dopo settimane di tira e molla e pressata da alcuni paesi dell'area dell'euro, guidati dalla Germania, ha dovuto cercare un accordo cedendo molto ma almeno mantenendo la promessa elettorale forse più importante, il mantenimento di alcune azioni concrete contro la crisi umanitaria. Analizzando gli accordi si capisce come per ottenere “l'estensione„ di quattro mesi dei pagamenti dei prestiti UE, cioè circa 7,2 miliardi di euro, Atene ha dovuto mantenere l'obiettivo del suo pareggio di bilancio ed impegnarsi ad attuare nuove riforme dello Stato. Alcune di queste riforme, come il completamento del catasto o la riforma del sistema fiscale, erano già stato oggetto di accordi con i governi precedenti, ma tutti erano falliti o finiti in nulla. Occorre d'altra parte ricordare che quando l'Eurogruppo parla “di estensione„ dell'aiuto finanziario alla Grecia, si tratta di un insieme di prestiti, decisi nel febbraio 2012 dalla Commissione europea, la BCE ed il FMI (“la troika„), e che i pagamenti che corrispondono a questo finanziamento, dispiegati nel tempo, sono stati gradualmente rimessi in discussione questi ultimi due anni ed condizionati, man mano che il tempo passava, a nuove condizioni. Quale è, precisamente, il programma di misure sul quale Atene ed i membri della zona euro si sono messi d'accordo? Approvato finalmente lunedì 23 febbraio sera e formalizzati tramite una lettera inviata dal ministro greco delle finanze, Yanis Varoufakis, al presidente del Eurogruppo, si interviene in quattro capitoli: politica fiscale, stabilità finanziaria, politiche di rilancio, crisi umanitaria. Il governo Tsipras si impegna in particolare a riformare l'iva, rafforzare l'amministrazione fiscale, migliorare l'esazione delle imposte, eliminare le esenzioni e lottare contro la frode attraverso “l'impiego completo di mezzi elettronici ed altre innovazioni tecnologiche„. Promette anche “di migliorare la gestione delle finanze pubbliche„, diminuire la spesa pubblica e di controllare meglio le spese di sicurezza sociale e, considerata priorità nazionale fare lotta alla corruzione. Fra le misure per riportare denaro nelle casse dello Stato, c'è in particolare il pagamento da parte delle televisioni private delle frequenze attribuite dallo Stato, fino ad oggi non rispettato, ma anche la riduzione di un certo numero di privilegi attribuiti ai politici eletti. L'accordo prevede inoltre la possibilità, per le famiglie o le imprese fortemente indebitate, di trovare il mezzo per uscire dall'indebitamento: si tratta “di depenalizzare i debitori a piccolo reddito o le aziende con passivi poco elevati. Altra misura, che era determinante agli occhi di Syriza: “Collaborare con le banche e le istituzioni per evitare la messa all'asta delle residenze principali delle famiglie, almeno di quelle sotto ad una certa soglia di reddito. Sul piano delle privatizzazioni, contrariamente a quanto promesso da Syriza in campagna elettorale, nessuno delle vendite già previste sarà annulla. In compenso, il seguito del processo richiederà un riesame “in modo da portare al massimo i vantaggi a lungo termine per lo Stato”. L'ambizione “di aumentare„ (cioè di ristabilire a suo livello iniziale) il salario minimo resta una priorità ma l'importo e la data della misura in oggetto saranno decisi “in consultazione con le parti sociali e le istituzioni europee ed internazionali”. Nessuno automatismo quindi. L'accordo prevede anche il completamento del catasto, che da sempre in Grecia pone problemi giuridici e contenziosi infiniti. Infine, nell'ultima parte della lettera inviata dal ministro greco all'Europa, si trovano tutta una serie di misure volte a rallentare la povertà: accesso gratuito a pasti, al servizio sanitario, alla casa per le famiglie più in difficoltà e la valutazione di un programma pilota per attuare il reddito minimo garantito per estenderlo, eventualmente, su scala nazionale. In questa parte trovano cittadinanza le promesse elettorali di Syriza, ricordate dal discorso di politica generale di Alexis Tsipras al momento del conferimento di mandato del proprio governo. Mettendo così in evidenza la necessità di affrontare la crisi umanitaria, ma anche quella di aprire un acaccia senza quartier ai grandi evasori senza invece infierire sull'indebitamento delle famiglie. In questo il programma del nuovo governo greco è una svolta vera che lo allontana dai memorandum firmati dai governi precedenti. Le autorità elleniche quindi nel riconoscere fondamentale la lotta contro la frode fiscale evidenziano che questa non può essere condotta alla cieca, e che non sarà più la classe media, che ha già pagato il costo più pesante all'austerità, a riportare ancora denaro allo Stato greco. Nessun taglio drastico nelle spese pubbliche inoltre è previsto: si tratta di razionalizzare le spese, riorganizzare l'amministrazione ed in effetti in Grecia su questo aspetto c'è molto da fare. Ma in ogni caso aopare chiara la volontà di Syriza di girare la pagina all'austerità. Quest'accordo, tuttavia, è soltanto una via indicata, non è preciso, non dà alcuna cifra, nessun ordine di dimensione sulle spese previste né sulle entrate effettive. Alcune misure appaiono d'altra parte estremamente sfocate e sono soggette ad interpretazione. Cosa significa una riforma dell'Iva, in un paese in cui l'aliquota con il 23 % è già una delle più elevate di tutta l'Unione europea? Insomma quasi tutto appare impreciso, indeterminato, come ad esempio l'innalzamento del salario minimo che dovrà essere oggetto di nuovi negoziati con “le istituzioni europee ed internazionali”. La questione del salario minimo, di fatto, è stata oggetto di discussioni intense tra il presidente della commissione Jean-Claude Juncker e gli altri stati membri, di cui alcuni hanno fatto valere che avevano un salario minimo inferiore a livello greco. Ma questa discussione è semplicemente fuori argomento: la determinazione del salario minimo non ha alcun impatto sulle spese pubbliche greche poiché le assunzioni sono congelate nel settore pubblico. Nulla dovrebbe dunque impedire alla nuova maggioranza di Atene di votare il ristabilimento della soglia iniziale (751 euro lorde al mese contro 580 dal 2012). Lontano da un risultato razionale ed operativo, il testo convalidato dal Eurogruppo è in realtà il risultato di compromesso a livello europeo, in un dibattito distorto da posizionamenti ideologici e non centrato sulla sola necessità di trovare un'uscita al problema greco. L'accordo vivamente è stato dunque criticato, in particolare dall'ala sinistra di Syriza, che lo ritiene perdente. Infatti, il negoziato su una cancellazione parziale del debito pubblico, uno dei pilastri del programma del partito così come è stato formulato nel settembre scorso a Salonicco, è stato accantonato perchè non sarebbe mai passato a Bruxelles. In realtà tsipara sostiene che nei prossimi mesi il dibattito su questo riprenderà; l'idea del governo Tsipras era di accordarsi con Bruxelles su un programma-staffetta per darsi il tempo di un negoziato sul problema. Il debito greco infatti è già stato oggetto di due operazioni di cancellazione, nel 2012, che hanno avuto implicazioni nel settore privato ma da allora non ha cessato comunque di aumentare e sono oggi soprattutto gli stati europei che sono esposti. Mancanza anche, nei confronti del programma di Salonicco, di una politica d'investimenti per favorire il ritorno della crescita. Nulla è detto sulla reintegrazione promessa dei funzionari dello stato licenziati, in particolare del personale del ministero delle finanze. E resta al suo postao la tassa immobiliare decisa sotto il governo Samaras, che Syriza aveva promesso di abrogare. Le discussioni tra Atene e Bruxelles sono dunque ben lungi dall'essere terminate. Se ufficialmente non si parla più della troika, trio senza alcuna legittimità democratica formato ad hoc nel 2010 per gestire nell'urgenza la domanda Ellenica, resta il fato che gli interlocutori sono gli stessi, e che il Parlamento greco dovrà rendere conto ai partner europei nel votare le prossime leggi. Tuttavia le concessioni fatte all'elettorato di Syriza che il 25 gennaio aveva votato in favore di una svolta radicale con la fine della tutela europea e la fine dell'austerità. In una lettera aperta pubblicata sul suo sito, l'europarlamentare di Syriza Manolis Glezos, anziano del Parlamento europeo, è stato particolarmente virulento: “Cambiare il nome della troika “in istituzioni„, quello del memorandum “in accordo„ e quello dei creditori “in partner„, non cambia affatto la situazione precedente (…) Da parte mia, chiedo al popolo greco di perdonarmi per avere contribuito a quest'illusione”. Parole durissime che hanno un fondo di verità. Il comitato centrale di Syriza si è riunito mercoledì scorso 25 febbraio per fare il punto sul risultato di questi primi negoziati a Bruxelles e le critiche sono state accese. Ma il primo ministro è intervenuto “sulle difficoltà„ e “sul clima” con il quale si è confrontato. Come il giorno prima davanti al suo gruppo parlamentare, si è però rallegrato di essere riuscito ad uscire dal quadro “della politica di austerità” e dagli obiettivi di eccedenze di bilancio primario fissati dal suo predecessore, irrealistici tenuto conto dello stato dell'economia greca, che ha penato ancora oggi a trovare il cammino della crescita. Pertanto, il governo Tsipras resta molto popolare agli occhi dell'opinione pubblica.