Allarme terrorismo dal Viminale: “pericolo azioni emulative”

Dopo l'attentato di Tunisi non è possibile escludere azioni emulative in Italia. E' quanto scritto in una circolare del Dipartimento di Pubblica Sicurezza nella quale si invitano gli organismi di polizia a "sensibilizzare ulteriormente" le misure di vigilanza a sedi diplomatiche tunisine e ai siti sensibili. Del resto la rivendicazione Isis non è per nulla rassicurante visto che i jihadisti nel rivendicare l'azione hanno minacciato nuovi attacchi: "Quello che avete visto" a Tunisi "è solo la prima goccia di pioggia". Quindi ecco arrivare anche in periferia le direttive del ministero. Ma quali sono gli obiettivi sensibili di cui si parla? Diciamo che relativamente ai fatti di terrorismo islamista già nel 2001 all'indomani dell'attacco alle torri gemelle venne emanata una prima lista che venne poi progressivamente aggiornata a seconda della strategia dei terroristi e delle informazioni che giungevano dagli 007 sia dei servizi italiani che di quelli alleati. Le procedure straordinarie nel tempo sono diventate ordinarie, per difendere con forze dell'ordine ed esercito appunto i cosiddetti «obiettivi sensibili», ossia potenziali bersagli di attentati terroristici. Sulla lista iniziale, già nel 2001, oltre agli aeroporti e a una serie di infrastrutture, anche le sedi di organismi politici o militari. Nei principali porti della Penisola inoltre era stata attuata come per gli aeroporti, massima efficienza dei dispositivi di osservazione, vigilanza, sicurezza con la presenza di metal detector e telecamere oltre ovviamente alla presenza di personale di polizia. Ma non solo i luoghi frequentati da viaggiatori nei mezzi collettivi vengono considerati possibili obiettivi. La polizia stradale ad esempio è messa in stato di allerta per prevenire eventuali attacchi nelle gallerie o lungo i viadotti della rete autostradale, così come la polizia ferroviaria ha aumentato nel tempo i controlli sui convogli e nelle stazioni. Poi ci sono altri obiettivi “statici” come gli acquedotti o le centrali che producono energia. Disposta già nel 2001 la sorveglianza anche per le industrie chimiche e quelle belliche, così come per i ripetitori radio televisivi. Ovviamente obiettivi sensibili sono anche basi militari nazionali e quelle Nato e le sedi diplomatiche, soprattutto quelle degli Stati uniti e dei Paesi che operano attivamente contro il terrorismo. Ultimamente come è noto a seguito di minacce dirette sono stati aumentati i controlli di sicurezza al Vaticano con una piazza San Pietro che soprattutto durante l' affollata messa domenicale o quando il Papa si affaccia per la benedizione, è tra gli obiettivi ritenuti più ambiti dai terroristi islamisti. Ma siamo sicuri che un eventuale attacco, soprattutto se come è avvenuto in questo primo scorcio di 2015 in Francia, Danimarca e Tunisia ad opera di piccoli gruppi di fanatici pronti al martirio, avverrà su obiettivi pesantemente vigilati? La risposta è no. Tutto fa pensare il contrario. Negli episodi citati i terroristi hanno colpito obiettivi che solo con il senno di poi si poteva pensare essere target prioritari di azioni eclatanti. Ed è per questo che, dicono sostanzialmente fonti della sicurezza, nella consapevolezza che i terroristi potrebbero colpire ovunque, servirà vigilanza diffusa più che la protezione di obiettivi sensibili per loro natura diretta riconducibili a simboli, come può essere Piazza San Pietro o una ambasciata Usa. La volontà degli strateghi Isis è quella di creare terrore diffuso, attaccando magari in periferia, obiettivi più facili e nello stesso tempo dal clamore mediatico amplificato dal fatto che tutti potrebbero sentirsi minacciati. É stato così colpendo i turisti del museo a Tunisi e c'è da temene sarà così in una prossima azione terroristica. Una strategia del terrore che proprio il nostro paese ha conosciuto nell'epoca delle stragi. Bombe e sui treni o nelle stazioni che colpivano indiscriminitivamente e alla quale l'Italia seppe reagire soprattutto non piegandosi alla paura. Per questo è sbagliata l'idea di qualcuno che sta cercando di imporre il silenziatore alle notizie perchè teme che la paura abbia il sopravvento e che la gente non frequenti più luoghi affollati e torni a fare la spesa nei piccoli market disertando i grandi agglomerati commerciali. Pochi sanno ad esempio che il 7 dicembre scorso scatto un allarme sicurezza, rivelatosi per fortuna fasullo, all'Ikea di Roma Anagnina trovando assolutamente impreparata non solo la gente, ma anche la stessa struttura. Intendiamoci è accaduto all'Ikea ma potrebbe accadere in qualsiasi centro commerciale nel Paese visto che i cosiddetti scorsi di sicurezza svolti per il personale sono in massima degli adempimenti quasi burocratici. L'episodio venne raccontato solo nelle pagine di cronaca locale, amplificarne la notizia avrebbe potuto creare qualche preoccupazione e magari rallentare la corsa ai regali in un paese già provato dalla crisi economica e che stenta far ripartire i consumi. «Uscite dal negozio il più velocemente possibile. Abbandonate le buste con i vostri acquisti. Non andate a prendere l'auto nel parcheggio sotterraneo». Così gracchiavano gli altoparlanti dell'Ikea di Anagnina, raccontava la cronaca del giorno dopo relegando l'episodio al fatto di costume quasi senza valore. Erano circa le 16 della prima domenica del mese natalizio. La gente si precipita in strada e come sempre accade in questi casi il panico la fa da padrone. C'è chi piange, chi si dispera. Nessuno capisce cosa stia davvero accadendo.
Mamme in carrozzina si precipitano all'aperto mentre c'è chi corre a recuperare il figlioletto lasciato al kinder garden insieme ad altre decine di bambini. Nessuna informazione. Nessun dipendente fornisce una qualsiasi informazione perchè essi stessi ne sono privi. Poi arrivano le volanti, le sirene spiegate aumentano l'apprensione. I poliziotti scendono ed entrano nel grande magazzino da dove è partito l'allarme e l'evacuazione di massa. Fuori, sulla strada la scena è surreale, chi cerca il parente perso nella confusione, chi piange per l'emozione, chi tira si rallegra di aver scampato il “pericolo” anche se non era ancora chiaro quale fosse il pericolo. Qualcuno ipotizza ed impreca contro il terrorismo. Una surreale ora d'attesa, chi può cerca di tornare a casa, ma i più non possono perché hanno l'auto nei garage e rimangono davanti all'Ikea in attesa di un cenno, di una svolta. Poi la buona notizia, falso allarme, addirittura un malinteso, colpa di un segnale d'allarme partito da qualche sensore impazzito, maledetti computer, almeno questa è la giustificazione ufficiale. E così i clienti superstiti possono rientrare. Qualcuno recupera gli acquisti nella borsa blu lasciata nelle corsie, altri ritrovano il carrello abbandonato in fretta e furia. Vi chiederete il perchè di questo racconto. Presto detto, l'episodio dimostra che dinnanzi ad una minaccia che lo stesso premier Renzi dice essere globale ammettendo che un terrorismo come quello dell'Isis può colpire ovunque, in realtà siamo impreparati. Il fatto accaduto all'Ikea dimostra come in presenza di assembramenti con miglia di persone è fondamentale porsi preventivamente il problema di creare dei piani di sicurezza veri con l'obbligo di personale adeguato per numero e capacità, a sostenere un emergenza evacuativa. La sensazione, da frequentatore di centri commerciali, megastore o multisale, è che non ci si sia posta con serietà la questione e che quando si è affrontata lo si è fatto con l'occhio più al portafoglio che alla reale sicurezza. Non vorremmo che qualche futura drammatica azione terroristica debba poi imporre, a tragedia avvenuta, quello che sarebbe il caso venisse fatto preventivamente. Paesi che da decenni stanno facendo i conti con possibili attacchi terroristici, Israele per esempio, hanno pianifiacato il rischio ed operano simulazioni per adecure le persone fin dalle scuole. Forse potrà essere considerata una esagerazione, ma la sensazione è che il pericolo sia davvero presente e che la questione andrebbe affrontata presto, esorcizzando la paura, ma nello stesso tempo facendo in modo che all'emergenza eventuale vi possa essere una risposta adeguata, e questo non lo si fa con la politica degli “struzzi”.