Allarme a Manzano (Ud) per il riavvio dell’inceneritore dei rifiuti di Manzinello. Era stato chiuso dal Tribunale nel 2007

Qualcuno sta cercando di "sdoganare" l'inceneritore della ditta Nuova romano Bolzicco costruito a ridosso dell'abitato di Manzinello, la denuncia è del Comitato Ambiente di Manzano, al quale aderisce anche il Circolo Legambiente di Udine. Gli ambientalisti si stanno mobilitando perché, in queste ultime settimane, questo impianto, dopo il fallimento della ditta è stato rilevato da alcuni imprenditori friulani che lo vorrebbero far ripartire nonostante questo impianto costruito alla fine degli anni 90 in funzione fino al settembre 2007 quando personale del Corpo Forestale Regionale e dei Noe-Carabinieri posero i sigilli su disposizione dell'allora Giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza su richiesta del PM Luigi Leghissa. Gli ambientalisti preoccupati sollecitiamo l'Amministrazione comunale di Manzano a voler informare la popolazione con un'incontro pubblico al più presto. Già agli inizi del 2001 il Comitato Ambiente di Manzano
il circolo udinese della Legambiente si erano attivati chiedendo all'allora Sindaco di Manzano Macorich, alla Provincia di Udine e all'Arpa una serie di verifiche sulla tipologia dei rifiuti portati all'incenerimento. Trovando poca attenzione l'associazione ambientalista si era vista costretta a depositare il 1 ottobre 2001 un esposto in Procura della Repubblica. I controlli successivi e citati nel decreto di sequestro evidenziarono, dice Legambiente, un'attività di smaltimento di rifiuto a mezzo di termodistruzione senza le dovute autorizzazioni, il mancato rispetto dell'art. 43 del Piano Provinciale Smaltimento dei rifiuti nonché la distanza prevista in 1000 metri, quando l'impianto invece è a soli 530 metri dall'abitato di Manzinello. Fra le cose che allora non andavano rilevate dalla procura anche il fatto che la proprietà non aveva seguito la procedura preventiva di Valutazione Ambientale imposta dalla Legge Regionale 43/1990 e dal DPGR n.245/1996. Vi era poi il superamento dei valori limite di emissione stabiliti dall'autorizzazione rilasciata dal Ministero dell'Industria 064/98 del 24-11-1998 per quanto riguarda le policlorodibenzodiossine ed i policlori dibenzofurani risultando un valore riscontrato di 207 pg/Nm, pari al doppio del limite normalmente stabilito. Vi erano poi altre violazioni amministrative relative all'aver gestito ingenti quantitativi di rifiuti in assenza delle dovute autorizzazioni provenienti da tutta la regione e anche dal Veneto. Insomma, evidenziano gli ambientalisti, i cittadini della zona per alcuni anni respirarono le diossine emesse dai camini di tale impianto e non ritengono proponibile che si prenda in considerazione un'ipotesi di riavviare oggi l'inceneritore. Si chiede oggi l'avvio di uno studio sul danno alla salute e ai rischi eventuali per la popolazione della zona. Va però detto  che il tribunale di Udine aveva chiuso nel 2013 la vicenda, pronunciando sentenza di assoluzione nei confronti di tutti  gli imputati e per ciascuna delle ipotesi di reato contestate dalla Procura molte delle quali erano però prescritte.