AL MUSE – MUSEO DELLE SCIENZE DI TRENTO “NATURE. THE ART OF MARZIO TAMER”

Nel comune sentire, le opere dell’ingegno creativo godono spesso di un singolare e potentissimo connubio tra eleganza espressiva e capacità evocativa che le rende in grado di agire da "inneschi emozionali" di più robuste consapevolezze e saperi consolidati, dietro ai quali c’è l’approccio scientifico al reale ed il pensiero razionale. Raffinatissime, magistrali, sottilmente enigmatiche, le opere di Marzio Tamer inducono alla contemplazione, all’osservazione accurata e riverente che cerca e si compiace del dettaglio e, così facendo, rimandano in una sorta di cortocircuito estetico all’origine remota dell’entità museale, alle Wunderkammer, ai naturalia et mirabilia un tempo raccolti ed esibiti tra cerchie di eletti e di fronte ai quali l’osservatore si raccoglie (o si raccoglieva) in silenzio, un po’ come soggiogato, a volte dalla loro stranezza, molto spesso da una profonda e ammaliante bellezza. E comincia ad indagare con lo sguardo...
L’indagine lo porta a scoprire l’ovvio che sfugge allo sguardo frettoloso: l’azione sottile del tempo sulle componenti inanimate (che sono prive di vita ma non di trasformazioni), il lungo, inesausto rifinire di forme e anatomie, con cui, come in un’operazione di cesello fine, l’evoluzione continua a determinare con maniacale dettaglio l’aspetto dei viventi.
L’accuratezza estrema del gesto pittorico si fa allusione visuale (e dunque facilmente condivisibile) della raffinatezza del processo evolutivo.
Ecco dunque il grande piacere di un’istituzione scientifica come il Muse - Museo delle Scienze di Trento nell’accogliere ed "esibire" la produzione artistica di Marzio Tamer, un invito in punta di pennello, rivolto all’intera collettività, a fermarsi e lasciar correre l’occhio sulla bellezza funzionale degli organismi (e talvolta dei loro intorni). Ma il piacere contemplativo va oltre l’appagamento visivo e l’autocompiacimento del bello. È innegabile che, talora, i soggetti ritratti appaiano un po’ come sospesi in uno spazio-tempo al di fuori del consueto, distillati ed immobili in una lontananza e solitudine che può muovere sensazioni malinconiche.
Aperta al pubblico sino al 25 settembre, la mostra "Nature. The art of Marzio Tamer" si configura come un excursus attraverso la molteplicità di tecniche (dall’acquerello al dry brush, dalla tempera all’uovo all’olio ed altro) con cui Marzio Tamer rappresenta la realtà della natura: animali, piante, dettagli di ambienti e scorci di paesaggio, atmosfere e stagioni.
Tamer è un pittore naturalista del perfezionismo quasi maniacale, peculiarità che ben si riscontra nella restituzione pittorica di ciò che egli dipinge: il riflesso della luce nell'acqua, la trama dell'erba, la superficie dei sassi, le cortecce degli alberi. Il rigore naturalistico e l’accuratezza delle sue rappresentazioni esercitano un appeal su un pubblico eterogeneo: l’appassionato d'arte non può che riconoscerne l’illimitata forza creativa e l’abilità di riuscire a concepire continuamente nuovi equilibri compositivi, dettagli prospettici audaci e scorci fotografici, i cultori delle tecniche pittoriche rimangono ammaliati dalle sue capacità tecniche e dalla sua versatilità, i naturalisti, i biologi, i grandi osservatori della fauna ne apprezzano la capacità ad entrare in comunicazione con l'animale raffigurato, sapendone cogliere l'aspetto più autentico e naturale.
La mostra, curata da Stefano Zuffi e Lorenza Salamon e sostenuta da Inaz con la sua presidente Linda Gilli, racconta attraverso 40 sceltissime opere suddivise per temi - animali, paesaggi, sassi e nature morte - il percorso compiuto in questi anni dall’artista che, opera dopo opera, "ha dato vita a un vasto e coerente progetto" presentato ora in modo efficace, grazie alla nitida semplicità dell’allestimento studiato da Michele Piva e alla rigorosa selezione dei lavori compiuta da Zuffi: ognuno capace di dare voce a una fase, un tema, un nuovo indirizzo.
Un senso di distacco sembra pervadere l’opera e sollevare sottili inquietudini, alle quali va il merito di ricordare istantaneamente quanto possa essere isolante e triste (nonché pericoloso...) per l’uomo contemporaneo sentirsi "altro" rispetto alla natura.
L’augurio conclusivo non può dunque che essere di una buona ed attenta visione, inevitabilmente un’occasione di esplorare il mutevole crinale tra percezione e consapevolezza.