A volte ri-ritornano: Jeb Bush annuncia la sua candidatura alle primarie dei repubblicani per la presidenza Usa

Parlare di dinastia per quanto riguarda la famiglia Bush non era certo un errore, oggi arriva la conferma che la saga presidenziale continua. Infatti quasi 27 anni dopo l'elezione a presidente degli Stati Uniti di suo padre, che diede forma a una dinastia politica proseguita con i due figli, Jeb Bush ritorna sulla scena, sostenendo di poter vincere e di aver abbastanza spazio di manovra per poter arrivare a guidare gli Stati Uniti, perché "la presidenza non può passare da un liberal a un altro" ha spiegato. "L'America merita di più", con questo slogan il repubblicano Bush ha lanciato formalmente il suo guanto di sfida, la sua candidatura, arrivando di corsa sul palco dal Kendall Campus del Miami Dade College, senza giacca né cravatta, ma con una camicia button down azzurra. L'ex governatore della Florida ha promesso di cambiare la percezione di Washington negli Stati Uniti, il centro del potere visto da molti come un ostacolo al governo e alla prosperità economica del paese. "Voglio rendere Washington - la capitale statica di questo paese dinamico - un luogo che non crea problemi", ha detto citando più volte nel corso del suo discorso le riforme fatte in Florida nel corso dei suoi due mandati. "So che possiamo risolvere il problema, lo so perché lo ho già fatto", ha detto ricordando la sua esperienza politica alla guida dello stato. L'ex governatore della Florida affronterà quindi una campagna elettorale che per dimensioni, costi e ritmi non assomiglierà a nessuna di quelle affrontate dal padre George H. W. Bush, 41esimo presidente (1989-1993), e dal fratello George W. Bush, 43esimo presidente (2001-2009). Come terzo membro della sua famiglia a cercare di fare il suo ingresso alla Casa Bianca, il 62enne porterà nella corsa presidenziale un cognome pesante, esaltato o criticato senza sconti. Per questo, Bush userà un logo sobrio, già usato nella sua campagna elettorale persa nel 1994 per diventare governatore, che esclude il suo cognome e punta su un semplice "Jeb!", insomma cerca di marcare la differenza e di proporsi come uomo nuovo a chi i Bush non li ha amati, ma come Bush a quelli che li apprezzarono. Una posizione di equilibrio che comporta dei rischi ma che Jeb intende attuare parlando di fatti e programmi. Tra i temi fondamentali citati nel corso di un discorso durato poco più di mezzora, Bush ha citato la riforma dell'educazione ("L'ho fatta in Florida con successo") e ancora quella dell'immigrazione. "Il prossimo presidente degli Statu Uniti approverà una significativa riforma dell'immigrazione, così da risolvere" i problemi attuali, ha ricordato facendo riferimento alle critiche arrivate a quella proposta da Barack Obama. Anche su Israele - tema caro al Grand Old Party - Bush ha assicurato al partito che "ricostruirà la vitale amicizia. Che inizierà con lo stare dalla parte del coraggioso e democratico stato di Israele". Sull'economia l'ex governatore della Florida ha aggiunto di voler portare il paese a una crescita del 4%, una livello che gli Stati Uniti non vedo dalla presidenza del democratico Bill Clinton, la cui moglie Hillary potrebbe essere la sua principale sfidante se entrambi dovessero vincere le primarie. "Il mio obiettivo come presidente è arrivare al 4% di crescita e a 19 milioni di nuovi posti di lavoro che verranno con questo", ha annunciato Bush. "Questo è il perché ho deciso di candidarmi. Il nostro paese si trova in un momento difficile. E la domanda è: Cosa faremo per cambiare questa situazione? La domanda per me è: Cosa farò per cambiare questo? Così ho deciso. Sono un candidato per la presidenza degli Stati Uniti", ha detto ne corso del suo annuncio. I consiglieri e gli alleati avevano predetto, mesi fa, che Jeb Bush sarebbe emerso come candidato dominante per la nomination repubblicana, visti i suoi risultati da governatore della Florida, la sua popolarità alla fine dei due mandati e la forza, politica e finanziaria, garantita dalla famiglia Bush. Ma in questo momento sembra che la corsa alla scelta del candidato del Grand Old Party sarà molto più difficile e ricca di rivali: secondo la media dei sondaggi di Real Clear Politics, Bush è in testa con l'11,3% delle preferenze, davanti al governatore del Wisconsin, Scott Walker (10,8%), e al senatore Marco Rubio (10,3%); tra candidati ufficiali e probabili, i repubblicani a provare la corsa alla presidenza potrebbero essere quasi venti.