A settant’anni dal 25 aprile 1945, Mattarella rivendica il peso della storia italiana

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Era il mese di febbraio quando Sergio Mattarella, appena eletto nuovo Presidente della Repubblica, affermò nel suo primo discorso che "garantire la Costituzione significa ricordare la Resistenza e il sacrificio dei tanti che 70 anni fa liberarono l'Italia dal nazifascismo". Ora che ci avviciniamo al 25 aprile, giorno della Liberazione, ci sembra importante ricordare che cosa ha dichiarato Mattarella a proposito di una delle distinzioni meno in uso dagli anni della Bicamerale fino ad oggi, ossia quella che divideva e divide i difensori della libertà del popolo italiano (gli appartenenti alla Resistenza) dai sostenitori ad oltranza della dittatura (i fascisti ed i repubblichini di Salò).

In occasione del recente incontro, alla Camera dei deputati, tra le massime cariche dello Stato e parte di quei partigiani che diedero un contributo decisivo alla rinascita dell'Italia, Sergio Mattarella ha rilasciato parole che non venivano pronunciate da parecchio tempo. Anche se, a volte, addirittura schivo o solo poco presenzialista, Mattarella ha messo la faccia dove invece (in nome dello slogan "tutti i morti sono uguali") molti politici di destra, centro e sinistra hanno spesso ed anche volentieri deciso di equiparare quasi ogni accadimento passato, lasciandosi dietro il senso del bene comune e le ragioni di chi combatteva contro una violenza pubblica e privata, il sopruso di regime, la discriminazione ed il terrore diffuso su tutto il territorio nazionale. Per 20 anni.

"La Liberazione dal nazifascismo costituisce l’ evento centrale della nostra storia recente - ha detto Mattarella -. Ai Padri costituenti non sfuggiva il forte e profondo legame tra la riconquista della libertà, realizzata con il sacrificio di tanto sangue italiano dopo un ventennio di dittatura e di conformismo, e la nuova democrazia". In questo modo il Presidente ha voluto assestare un colpo deciso a quell'ambiguità che, nel rispetto che si deve sempre a chi non c'è più, ha fatto tanto comodo in un Paese come il nostro, dove la memoria assieme alla storia (con la "S" maiuscola) non gode certo di una buona salute.

Mattarella ha sottolineato il fatto che “la Resistenza, prima che fatto politico, fu soprattutto rivolta morale. Questo sentimento, tramandato da padre in figlio, costituisce un patrimonio che deve permanere nella memoria collettiva del Paese”. Quali siano i timori del Presidente della Repubblica non lo sappiamo, ma possiamo immaginarlo: un paese che non ricorda, rischia sempre di cascare in eventi e situazioni già vissute. Un pericolo che non vogliamo correre ma che, in tempi di crisi, può ritornare a comparire.

A questo proposito Mattarella manderà anche un messaggio attraverso il mensile Micromega, all’uscita di un numero dedicato proprio alla Resistenza. “La sofferenza, il terrore, il senso d’ingiustizia, lo sdegno istintivo contro la barbarie - ha affermato il Presidente - di chi trucidava civili e razziava concittadini ebrei sono stati i tratti che hanno accomunato il popolo italiano in quel terribile periodo. Un popolo ha reagito anche con le armi in pugno, con la resistenza passiva nei lager in Germania, con l’aiuto ai perseguitati, con l’assistenza ai partigiani e agli alleati, con il rifiuto, spesso pagato a caro prezzo, di sottomettersi alla mistica del terrore e della morte”.

E' importante ascoltare da un Presidente della Repubblica il richiamo a valori storici che la scuola e la politica italiana non sembrano aver voglia di conservare e tramandare. La speranza è che Mattarella non venga lasciato solo in questo difficile lavoro di trasmissione culturale, dato che specialmente in questi ultimi 20 anni la rimozione dei valori nazionali pare funzioni più di ogni altra cosa.