Scippo dei marchi: la possibile delocalizzazione della Saeco in Romania è un pericoloso precedente

La notizia ha trovato eco solo localmente, con qualche eccezione,  forse perchè quanto accade alla Saeco di Gaggio Montano non è in linea con "il tutto va bene l'Italia è in ripresa" tanto decantata dal premier Matteo Renzi. Insomma è una notizia da gufi. Parliamo del fatto che la multinazionale Philips, dopo aver annunciato il licenziamento di 243 lavoratori, ha deciso di aggirare il blocco dei tir messo in atto da operai e sindacati nello stabilimento in provincia di Bologna. Sono infatti oltre 50 giorni che  un presidio è in atto per protestare contro i  licenziamenti annunciati dall’azienda ed evitare lo smantellamento delle linee di produzione. Ma la Philips è decisa, questa chiusura si deve fare, pechè è necessario delocalizzare la produzione dove il costo del lavoro è più conveniente e dove certi diritti dei lavoratori non vengono neppure ipotizzati. Così la multinazionale olandese  ha chiesto ai fornitori di dirottare in Romania la spedizione dei componenti. In una nota, l’azienda fa infatti sapere di essere stata costretta “ad attivare le procedure per chiedere ai propri fornitori di indirizzare temporaneamente i componenti necessari alla produzione delle macchine automatiche della serie Intelia presso la fabbrica rumena di Orastie” , precisando che “l’iniziativa ha come unico obiettivo quello di rispettare i tempi di consegna degli ordini in portafoglio, proteggendo, nell’interesse in primo luogo dello stabilimento italiano, le quote di mercato commerciali della serie Intelia, e non rappresenta dunque lo spostamento di una linea produttiva”. Ovviamente fra i lavoratori sono pochi quelli che credono alla versione dell'azienda, anche perchè  la seconda parte del comunicato è una sorta di avvertimento alle maestranze italiane sembra la ricerca di una scusa, il casus belli,  per poi andare al trasferimento della linea produttiva scaricando la colpa su lavoratorie sindacati. Si legge ancora nella nota di Philips “il ripristino in tempi brevi dell’agibilità operativa dello stabilimento di Gaggio Montano è la condizione necessaria perchè questo provvedimento non diventi definitivo”. Questo anche perchè, spiega sempre l'azienda, “la piattaforma di produzione della linea Intelia era stata portata dalla Romania in Italia nel corso del 2015, a testimonianza dell’importanza che lo stabilimento di Gaggio riveste nei piani di sviluppo strategico dell’azienda”, ma “il blocco illegale in atto sta compromettendo questa iniziativa e, se dovesse perdurare, metterebbe seriamente a rischio sia il piano di rilancio messo a punto dall’azienda, sia la sopravvivenza stessa della fabbrica”. Ma la risposta degli operai è stata diversa da quella che la direzione aziendale si attendeva, infatti appresa la notizia della richiesta di Philips ai fornitori di dirottare in Romania la spedizione dei componenti fino ad ora indirizzati alla Saeco, i dipendenti dello stabilimento di Gaggio Montano hanno iniziato ad abbandonare il loro posto di lavoro unendosi nella protesta a quelli già in cassa integrazione.
Questo avveniva una decina di giorni fa , ma poi si è registrato qualche timido segno di distensione dato che i sindacalisti della Saeco hanno detto sì alla richiesta dell’azienda di “rilavorare le macchine per espresso Intelia con scheda elettronica difettosa”. Si tratta di trasferire alcuni prodotti finiti da un capannone a un altro per mettere a posto alcuni difetti di produzione. Il risultato è che una decina di operai in più rientrerà in fabbrica in deroga alla cassa integrazione per soddisfare la richiesta. Ma se una richiesta è stata accolta ,resta invece granitico il rifiuto all’appello dell’azienda a far partire i camion carichi di macchine da caffè pronte per la vendita. I sindacati precisano di non voler concedere, in questa fase, “nessuna apertura per quanto riguarda la consegna di prodotti finiti, vista la rigidità incomprensibile dimostrata da Philips” che ha ribadito ancora una volta di voler licenziare 243 persone. Ma la situazione rischia di avere una improvvisa accelerazione fra pochi giorni,  in quanto  scade la cassa integrazione e, in mancanza di un rinnovo, l'evoluzione più probabile saà l'apertura delle procedure di mobilità. Ma contro il colosso olandese, spiega dalle sue colonne il Corriere di Bologna, si scatenano le reazioni politiche, il leader regionale della Fiom, Bruno Papignani, chiede al governo di bloccare le commesse pubbliche della multinazionale: "Atteggiamento irrispettoso verso un Paese — scrive Papignani —, visto che Philips non vende solo macchine da caffè ma fornisce ospedali e Asl con un quantitativo impressionante di commesse pubbliche, con prodotti costruiti altrove, si pone un problema relazionale". Intervento duro anche del segretario del Pd bolognese, Francesco Critelli, che attacca l'azienda e si appella al premier: È bene che Philips metta da parte questa arroganza, dice in sintesi l'esponente Pd, che aggiunge che "il governo deve mettere in chiaro alla multinazionale che ì non può tenersi lo storico marchio della fabbrica sull’Appennino".
Quella della Philips non è in realtà una vertenza solo locale, come il silenzio della stampa nazionale farebbe supporre, infatti se passa l'operazione di delocalizzazione e il conseguente scippo del marchio, si apre la strada a qualsiasi multinazionale che sia arrivata in italia per fare shopping di griffe pregiate, già in passato l'errore di delocalizzare le produzioni fu compiuto da una poco lungimirante imprenditoria italiana che in cerca di facili profitti disintegrò gran parte del sistema produttivo nazionale, ora se venisse consentita l'operazione anche in grande stile alle multinazionali come Philips, la devastazione per l'occupazione sarebbe assicurata e non basterebbero cento jobs act per contrastare l'emorragia di posti di lavoro. Insomma più che dei gufi il premier dovrebbe avere paura degli avvoltoi.