Tensione Ankara-Nicosia, messa in mezzo la nave da trivellazione italiana Saipem 12000

Viene trattata come una notizia di cronaca estera qualsiasi ed invece l’improvvisa escalation, attuata dalla Turchia, della disputa sulla titolarità da parte di Cipro dei diritti relativi alla Zona economica esclusiva ( ZEE) in realtà potrebbe avere anche come obiettivo l’Italia, una pressione neanche tanto indiretta sul nostro paese anche per appoggiare le rivendicazioni turche relativamente ai rapporti con la Ue. I fatti narrano che lo scorso 10 febbraio, navi da guerra turche hanno intimato alla Piattaforma galleggiante Saipem 12000 di non raggiungere il punto da trivellare nel Block 3 della della ZEE cipriota. Si tratta di un area in contestazione è ad est dell’Isola, nella zona di mare prospiciente la Repubblica Turco Cipriota del Nord (RTCN) riconosciuta come è noto solo da Ankara.
Il mezzo navale italiano era pronto ad avviare un lavoro di esplorazione su licenza cipriota, ma è stato fermato senza tanti complimenti dalla Marina militare turca. La Farnesina viene lasciato trapelare da Roma sta seguendo "ai più alti livelli" la vicenda in contatto con le ambasciate italiane in Turchia e a Cipro, e sta compiendo "tutti i possibili passi diplomatici per risolvere la questione".
In realtà quanto avvenuto è anche effetto della visita a Roma del 4 febbraio scorso del Presidente Erdogan, sembra infatti avesse sollevato la questione della legittimità della concessione di sfruttamento di giacimenti gassosi, rilasciata all’Eni da Nicosia senza ottenere soddisfazione dall'Italia la cui diplomazia a livello politico probabilmente non ha colto il fatto che esponenti come Erdogan alle parole fanno succedere i fatti soprattutto quando è motivata da doppio interesse: il primo legato alla pluriennale disputa greco-turca dell’Egeo e il secondo ad introdurre nei confronti dell'Italia l'elemento legato alla vicenda ingresso turco nella Ue. Anche se infatti la questione dovrebbe riguardare, più che aspetti di diritto del mare (come invece è per l’altro Block 6 ad ovest di Cipro concesso egualmente all’Eni da Cipro e rivendicato da Ankara), le pretese della Repubblica Turco Cipriota del Nord a ricevere compensazioni finanziarie in ragione della prossimità dell’area di concessione al territorio da essa controllato.
La vicenda è quindi molto delicata in quanto, anche se in Italia si sta facendo di tutto per minimizzare la vicenda, utilizzare forze navali per impedire trivellazioni in acque contese non è certo in linea con i principi internazionali di soluzione pacifica delle controversie. Fra l'altro non è la prima volta che le aziende petrolifere italiane subiscono trattamenti simili, già qualche anno fa i turchi avevano adottato analoghe strategie contro un’altra nave di perforazioni sempre della Saipem e volendo andare più indietro con la memoria si può pensare al caso avvenuto nel settembre 1980 quando un sommergibile libico intimò alla Saipem 2 di cessare le prospezioni condotte per conto di Malta sul banco di Medina sul quale i libici rivendicavano la sovranità. É da capire ora se è saggio, come pare stia facendo il governo Gentiloni fare in modo che la vicenda venga risolta direttamente da Nicosia, le agenzie di stampa riportano che da Cipro si cerca di rassicurare: "Stiamo gestendo la situazione", ha detto il presidente della Repubblica cipriota, Nicos Anastasiades, precisando che è volontà del suo Paese di "evitare qualsiasi escalation". Ma in perfetto stile colpo al cerchio e alla botte Anastasiades ha comunque puntato il dito su Ankara e sul "fatto che le azioni della Turchia violano il diritto internazionale". "Il governo mantiene la calma per evitare qualunque crisi e sta compiendo i passi necessari affinchè i diritti sovrani della Repubblica di Cipro siano rispettati", ha aggiunto Anastasiades. Le autorità italiane per ora moderano i toni, la Grecia invece stamattina ha reagito con un comunicato in cui intima alla Turchia di «desistere da ulteriori azioni illegali e rispettare gli obblighi che derivano dal diritto internazionale». La nota, diffusa del ministero degli Esteri greco, definisce il comportamento di Ankara «provocatorio» e «non consono» per un Paese che aspira a entrare nell'Unione europea, mentre esprime apprezzamento per «l'atteggiamento calmo e composto di Cipro, che riafferma il suo ruolo di pilastro della stabilità nel Mediterraneo Orientale».
Ovviamente l'Italia si guarda bene da intervenire come qualcuno in ambiente militare riterrebbe opportuno per salvaguardare gli interessi nazionali mandando magari un’unità navale della Marina Militare verso la zona ove è avvenuto l’incidente. Tecnicamente l'azione sarebbe legittima nell’ambito dei compiti istituzionali di protezione dei diritti e degli interessi italiani all’estero, interessi italiani rappresentati dal fatto che azionista di controllo dell’Eni è, per il 30%, il nostro Ministero dell’Economia e Finanze in tandem con la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) anche se rilevante è l’azionariato di fondi esteri. Anche Saipem, public company è partecipata per il 12% dalla CDP e dall’Eni stessa per il 30%. La Saipem è inoltre proprietaria della nave per perforazione, anche se battente bandiera delle Bahamas, Saipem 12000 bloccata dalla Marina Turca. Probabilmente mandare navi militari sarebbe azione non certo in linea con lo stile italiano in politica estera, ma non fare nulla sul piano diplomatico appare decisamente inopportuno se non altro perchè sol 8 giorni fa Erdogan è stato ricevuto a Roma con tanto di picchetto d'onore.
Ma ci si dimentica che l'Italia distratta da Sanremo è in piena bagarre elettorale ed un operazione militare, se pur semplicemente simbolica, potrebbe sconvolgere molti, del resto i turchi sanno bene che l'Italia non è la Francia o l'Inghilterra. Dimostrazione che un incidente diplomatico così rilevante alla fine perfino dai media viene relegato nelle pagine interne della cronaca di giornali e Tv. Meglio Sanremo dove non “sono solo canzonette” ma il vero specchio di una Paese sempre di più demodè.