SUD SUDAN: SEGNALI D’ALLARME DELL’UNHCR PER LA SITUAZIONE A YEI

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime “crescente preoccupazione” per la sicurezza e il benessere di circa 100mila persone intrappolate a Yei, una città situata nello Stato Centrale di Equatoria, circa 150 chilometri a sud ovest di Juba.
Secondo la chiesa cittadina, più di 30mila persone provenienti dalle aree circostanti sono state costrette a trovare rifugio a Yei, a seguito di attacchi mortali sui civili e del saccheggio di proprietà private, avvenuti tra l’11 e il 13 settembre. A partire da metà luglio, queste persone sono andate ad aggiungersi alle altre migliaia di sfollati della vicina Contea di Lainya, e ad altri 60mila residenti rimasti a Yei, senza mezzi per andarsene e nelle stesse condizioni di bisogno in cui si trovano le persone sfollate a causa del conflitto.
Fino a questo momento, Yei era stata per lo più risparmiata dalla violenza e dagli attacchi che affliggono il Paese da dicembre del 2013. La presenza dell'UNHCR in loco è stata limitata alle attività di protezione e assistenza ai rifugiati provenienti dalla vicina Repubblica Democratica del Congo (RDC), che vivono nella città di Yei e nel vicino insediamento di Lasu.
Le condizioni di sicurezza a Yei sono peggiorate rapidamente dopo che un nuovo conflitto è scoppiato a Juba all'inizio di luglio, con una escalation all'inizio di questo mese, che ha costretto migliaia di civili ad abbandonare le proprie case. È la prima volta che la popolazione di Yei – prevalentemente agricoltori che vivono di commercio e di sussistenza agricola - è diventata bersaglio diretto delle violenze di fronte al sospetto di appartenere a gruppi di opposizione. Queste persone hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria.
Nella giornata di martedì 27 settembre, una missione inter-agenzia a Yei, guidata dall'UNHCR, ha rilevato che decine di migliaia di sfollati sono rifugiati in case abbandonate, un piccolo numero all’interno di strutture ecclesiastiche, tutti stanno soffrendo una grave carenza di cibo e medicine.
Uomini e donne terrorizzati hanno raccontato di orribili violenze contro i civili prima e durante la loro fuga, tra cui casi di assalti, omicidi mirati, mutilazioni, saccheggi e incendi di proprietà. Diversi civili, tra cui donne e bambini, sono stati uccisi. Secondo quanto riportato, molti uomini giovani, di età compresa tra i 17 e i 30 anni, sono stati arrestati perché’ sospettati di supportare l'opposizione.
Gli sfollati – spiega l’UNHCR – hanno bisogno di cibo, utensili domestici, medicinali ed è necessario che i bambini vadano a scuola. I prezzi del cibo sono saliti alle stelle e i prodotti di prima necessità stanno rapidamente scomparendo dal mercato. Molti sfollati hanno riferito che le loro scorte di cibo sono state saccheggiate. I due ospedali locali funzionano a capacità ridotta. La mancanza di cibo ad alto contenuto energetico per i bambini malnutriti e le madri in fase di allattamento sta diventando critica.
Le informazioni raccolte costantemente indicano che i casi di violenza sessuale e di genere sono in aumento, così come i casi di minori non accompagnati e separati. La popolazione non è in grado di lasciare la città a causa della limitata libertà di movimento e della mancanza di risorse. Poiché i contadini non riescono a raggiungere i loro campi, i raccolti marciscono e c’è un elevato rischio di non riuscire a effettuare la prossima stagione di semina. Ciò significa che l'anno prossimo le persone potrebbero non avere alcun raccolto.
A Juba, i partner umanitari dell’UNHCR si stanno mobilitando per rispondere alla situazione di Yei, provvedendo, tra l’altro, alla fornitura di beni alimentari e non alimentari, e di farmaci. Non è ancora certo quando si potrà accedere all’area.
Il deterioramento delle condizioni di sicurezza in Sud Sudan ha costretto più di 200mila persone a fuggire dal paese a partire dall’8 luglio del 2016, portando il numero di rifugiati sudsudanesi presenti nei paesi vicini a oltre 1 milione. In Sud Sudan, ci sono più di 1,61 milioni di sfollati interni e altri 261mila rifugiati provenienti dal Sudan, dalla Repubblica Democratica del Congo, dall’Etiopia e dalla Repubblica Centrafricana.