Nuove rivelazioni di Assange, nel mirino l’Arabia Saudita. A libro paga diplomatici e media

Julian Assange ed i suoi file carpiti alla diplomazia di mezzo mondo continua a far parlare di se, anche se nonostante l'esplosività dei contenuti diffusi pochi giornali “blasonati” e probabilmente in regime di "autocontrollo" hanno deciso di riprendere le notizie più eclatanti contenute nelle ultime rivelazioni. Venerdì scorso infatti sono stati “rilasciati” da Assange in rete altri 61.205 documenti, che rappresentano solo una prima parte dell’enorme mole di materiale che il gruppo da lui guidato intende rendere pubblici. Nel mirino delle informazioni la diplomazia orientale ed in particolare quella di Riad. Da una prima lettura dei documenti si capisce come vengono utilizzati i petrodollari sauditi per conquistare consensi e posizioni in ambito internazionale. All'interno dei messaggi sauditi di cui il sito Wikileaks ha iniziato la pubblicazione, sono contenuti infatti molti dati interessanti. Tra i documenti resi pubblici ci sono rapporti interni di vari enti sauditi e comunicazioni delle ambasciate con interlocutori di tutto il mondo. Il materiale mostra come Riad ha gestito le sue alleanze e consolidato la sua posizione di superpotenza regionale, anche tramite la corruzione di individui e istituzioni chiave. “I file sauditi svelano una dittatura sempre più eccentrica e segreta, che non solo ha festeggiato quest’anno la sua centesima decapitazione, ma che è anche diventata una minaccia per i suoi vicini oltre che per sé stessa”, si legge nel comunicato che precede la pubblicazione, firmato da Assange. Insomma sembra proprio che il signore di “Wikileaks” non guardi faccia nessuno, e dopo aver dato fastidi pesanti alle grandi potenze occidentali, fastidi messi a tacere con una ipocrisia internazionale senza pari, oggi ha deciso di colpire il più importante e controverso alleato degli Stati Uniti nell'area islamica: l'Arabia Saudita.
Sono molti i documenti che possono dare fastidio a Riad. In particolare un memo con cui l'ambasciata saudita a Teheran suggerisce di utilizzare Facebook, Twitter e altri social network per dare maggiore risalto alla “frustrazione del popolo e il suo desiderio di cambiare regime”.In altri messaggi si accusano gli Emirati arabi di «aiutare Iran e Russia ad aggirare le sanzioni internazionali». Ma le pagine più delicate che preoccupano Riad non sono solo quelle dove vengono svelate le strategie e i piani per fomentare la rivolta interna in Iran o mettere i bastoni tra le ruote all'ascesa dei Fratelli musulmani in Egitto, ma tra i “leaks” top segret è presente anche la richiesta del figlio di Osama bin Laden che è cittadino saudita, Abdullah, per ottenere probabilmente per fini ereditari il certificato di morte del padre. Con tanto di risposta negativa del console dell'ambasciata Usa a Riad, perché il Dipartimento di Stato non ha emesso alcun documento in questo senso. La morte dello sceicco del terrore, però, è di fatto certificata dalla chiusura dell'incriminazione a suo carico da parte di un tribunale federale, spiega il console suggerendo al figlio di Osama la strada legale da intraprendere. Moltissimi sono i messaggi di cui si attende la pubblicazione, dallo scorso 19 giugno, terzo anniversario del giorno in cui Assange si rifugiò nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, è cominciata la pubblicazione annunciata di 500mila file segreti 'rubati' al ministero degli Esteri di Riad, saremmo insomma solo a poco più del 10 per cento. Il governo di Riad, dimostrando così la sua preoccupazione, ha diffuso un comunicato, invitando i sudditi a «non visitare alcun sito che pubblichi documenti che sono falsi e minacciano la nazione». Il classico annuncio che rischia di avere l'effetto contrario di quanto vorrebbe evitare.
Non meno eclatanti sono anche i file che parlano di Africa, non solo i memorandum sull'Egitto come quello dove si parla di un 'riscatto' di 10 miliardi di dollari per la libertà di Hosni Mubarak, ma anche un carteggio tra Riad, Nairobi e Addis Abeba, in data precedente l’invio di militari keniani in Somalia, che rivelerebbe la volontà dei paesi in questione di “smembrare la Somalia in macroregioni da portare sotto la rispettiva sfera di influenza”. C'è poi il caso Sudan, con una piccata lettera del ministero degli Esteri sudanese, datata aprile 2012, che rivela disappunto della diplomazia di Khartoum per “il mutato atteggiamento” da parte dell’alleato saudita e il tentativo, vano, di entrare in contatto con l’allora ministro degli Esteri di Riad Saudi al Faisal, dalla fine del 2011. Per capire meglio bisogna sapere che la fase coincide con la crisi economica devastante del Sudan, ritrovatosi con le casse del tesoro completamente vuote dopo la proclamazione dell’indipendenza delle regioni del sud. In quel momento l’emergenza era tale da convincere il presidente Omar Hassan al Bashir a rendersi di persona a Riad, ma la visita, si legge in un’altra missiva pubblicata da Assange, “non si è svolta nel consueto clima accogliente delle precedenti, né ha prodotto i risultati sperati”. Tutte rivelazioni che rischiano se arriveranno ulteriori conferme dai documenti di confermare quanto chi si occupa delle dinamiche geopolitiche dell'area conosce da tempo, e cioè che esiste una “rete clientelare” africana che si estende dal Libano alla Mauritania, e che comprende privati, politici personaggi pubblici, enti e governi e che spesso queste dinamiche intrese di sangue e petrodollari sono funzionali a grandi interessi internazionali di cui anche l'Arabia Saudita è onorato ma non onorevole sponsor.
C'è poi tutto un faldone di documenti che certifica il rapporto di corruzione e pressione di Riad sui media internazionali, si tratta, secondo Wikileaks, «di un approccio sistematico» nei confronti di tv e giornali, per impedire che vengano diffusi resoconti scomodi per Riad, o dare spazio agli attivisti della Primavera araba, dalla Tunisia all'Egitto, anche acquistando quote dei quotidiani arabi. C'è perfino gossip nei messaggi diffusi, si narra del caso imbarazzante di un conto non saldato da una principessa, la moglie del principe Abdul-Rahman bin Abdulaziz Al Saud: 1,5 milioni di franchi svizzeri (oltre 1,4 milioni di euro) non pagati per auto di lusso e chissà cos'altro. Ne segue una lunga disputa, ma alla fine il pagamento arriva.

Chi volesse cimentarsi con i messaggio diffusi in originale clicca qui