Mattarella insediato al Quirinale. Un presidente sfuggito alla rottamazione renziana

La democrazia non è una conquista definitiva ma va "difesa quotidianamente". Con queste parole più di altre Sergio Mattarella ha inteso disegnare il binario entro il quale intende muovere il suo settennato. Il neopresidente intende impegnarsi a difendere il "patto costituzionale che ha mantenuto il paese unito" e a riconoscere i diritti costituzionali e il patto di unità sociale che rimuove gli ostacoli che limitano le libertà e l'uguaglianza". Insomma un forte richiamo al dettato costituzionale, all'antifascismo e alla lotta alla mafia che vista la sua storia personale lo rende molto più credibile di altri. Erano le 10 in punto quando come da cerimoniale Sergio Mattarella giura da 12esimo presidente della repubblica davanti alle aule riunite di Camera e Senato. Come da copione  mentre pronuncia la formula che lo legherà per sette anni al suo mandato, l’aula è in piedi ed esplode in un applauso liberatorio. Non solo l'elezione di un nuovo inquilino del Colle, ma forse la consapevolezza di aver cancellato la macchia di un Parlamento che solo due anni fa aveva dato il “peggio”di se non riuscendo ad eleggere un sostituto per Napolitano. Il nuovo presidente ha aperto il suo discorso da presidente con un richiamo all'unità che secondo la sua analisi "rischia di essere difficile, fragile e lontana". Serve ha aggiunto il Presidente uno sforzo per "superare le difficoltà degli italiani". In sostanza il riferimento è alla crisi economica che attanaglia il paese, un argomento che si pensava fosse toccato da Mattarella ma dopo quello relativo alla riforma dello Stato. Invece in questo il neo presidente ha voluto, forse, marcare una differenza rispetto al suo ruolo di costituzionalista per far capire che vuole essere il presidente dei cittadini e dei loro problemi. Quelli economici del resto, ha spiegato Matterella sono "punti di un'agenda esigente, su cui viene misurata la distanza tra istituzioni e popolo. dobbiamo scongiurare il rischio che la crisi intacchi il patto sociale sancito dalla costituzione". Con la cerimonia di insediamento il nuovo presidente della repubblica italiana Sergio Mattarella entra nel pieno delle sue funzioni. Certo la figura più che una novità, ha l'aspetto dell'usato sicuro, ma forse il Paese non sarebbe pronto ad altro e soprattutto “altro” poteva non essere gradito al premier che come tutti i grandi “rottamatori” della storia, scalata la vetta del potere, cessano l'opera di rottamazione ed iniziano quella di restaurazione. Non è detto fra l'altro sia un male, dopo lo tsunami berlusconiano della “seconda repubblica” il ritorno al passato potrebbe essere il minore dei mali. Comunque il clima è già chiaro, in attesa della conferma della non ingerenza presidenziale alle politiche renziane sulla quale non c'è da giurare, vi sono due tendenze in atto, la prima è quella di far passare l'elezione di Mattarella come la panacea di tutti i mali del Paese, nel senso che la scelta dell'uomo, ma soprattutto le procedure con le quali è stato eletto, un capolavoro del machiavellico Renzi, sarebbe per molti commentatori paludati il fatto nuovo che riavvicina gli elettori alla politica. Sarà, di fatto però l'impressione di essere davanti al non cambiamento è fortissima, questione avvalorata dal fatto che non potendo attaccare il politico Mattarella che negli ultimi anni ha avuto l'attivismo del bradipo, si sia tirato fuori da parte degli “uomini contro” sempre e comunque, la vicenda dell'uranio impoverito e della presunta bugia detta dall'allora ministro della Difesa Mattarella. Insomma uno scheletro nell'armadio che è ormai solo polvere, ma soprattutto si è iniziato il tormentone tipico dell'antipolitica. Le spese di palazzo. Farà Mattarella una spending review degna di questo nome sul Quirinale. A sentire alcuni commenti sembra che da questi risparmi e non dalle politiche di rilancio, dipenda la ripresa del Paese. Ma guardiano bene di cosa stiamo parlando: dentro il palazzo del Quirinale vive e lavora il capo dello Stato insieme a tutta la sua “corte” formata da 1.674 persone tra funzionari, consiglieri, militari, dipendenti e collaboratori esterni di ogni ordine e grado, almeno fino a ieri è stato così. Rivoluzionerà le cose Sergio Mattarella o si insedierà nella reggia che fu villa estiva dei papi prima e dimora stabile dei Savoia poi o si limiterà a proseguire l'opera di tiepida “austerità” iniziata da Giorgio Napolitano durante il suo doppio mandato? Siamo certi di sì, o almeno le spese verranno spacchettate per renderle assimilabili ad altri capitoli di bilancio dello Stato. Giorgio Napolitano progressivamente, ma più che altro nell'ultima fase del suo “regno”, aveva avviato una politica di bonifica del bilancio, che per il 2014 ammontava alla bella cifra di 237 milioni di euro, una riduzione di circa il 25/30% in meno rispetto al 2004. Avviata anche una drastica riduzione del personale passato dalle 2181 unità del 2006 alle odierne 1674. Bene si potrebbe dire, certamente un passo avanti, peccato però che il Quirinale, nonostante i risparmi, se paragonato ad altri palazzi del potere europei si conferma una sorta di buco nero o meglio questo è quello che si vuole far credere. La presidenza tedesca ad esempio spende solo 28 milioni di euro all'anno e come personale conta su uno staff 10 volte meno numeroso di quello del Colle, ha soltanto 160 persone in servizio. Il regale Buckingham Palace conta su un budget di 60 milioni mentre l'Eliseo francese, in ossequi alla grandeur, per quanto prodigo di spese, si arresta alla cifra di 110-115 milioni di euro l'anno, comunque meno della metà rispetto al Quirinale. Uno scandalo assoluto, verrebbe da dire. Ma scopriamo che invece non è proprio così, o meglio le spese sono certamente troppe, ma vengono imputate direttamente all'attività presidenziale cose, come il mantenimento del parco di Castel Porziano o la sicurezza dell area, dove vi sono altri palazzi pubblici. Insomma analizzando i dati contabili ci si rende conto come in realtà le comparazioni non siano possibili e quando vengono fatte, in un senso o nell'altro, siano forvianti. Le voci di spesa infatti sono assolutamente diverse. Ad esempio nel caso del Quirinale gli oltre 1600 dipendenti o presunti tali, comprendono anche le forze dell'ordine e il personale di sicurezza. Tolta questa fetta i dipendenti scendono a poco più di 800. Non certamente pochi, ma 1000 di meno rispetto a quelli raccontati nel delirio anticasta. Nel caso della Germania fonti teutoniche ci dicono che i 160 operatori in forza sono solo lo staff diretto della Merkel, mentre nel caso di Napolitano quelli del suo staff erano “solo” un centinaio. Insomma i dati possono essere letti, stravolti, rivoltati, stemperati il tutto in una confusione assoluta ad uso e consumo di chi di volta in volta vuole dimostrare qualcosa. Cibo per i porci, raccontavano con disprezzo verso i lettori, all'epoca del fascismo, gli abili manipolatori dell'informazione.