L’inchiesta sulle tangenti Eni era spiata per “aggiustarla”: agli arresti fra gli altri l’ex Pm di Siracusa Giancarlo Longo

Esistevano dossier e venivano attuati depistaggi per condizionare i procedimenti penali a vantaggio dei propri clienti, questa l'ipotesi di una inchiesta coordinata dalle procure di Roma e Messina.
Ci sono imprenditori e magistrati tra le 15 persone arrestate dalla Guardia di Finanza. Gli inquirenti parlano di "due associazioni a delinquere dedite alla commissione di plurime frodi fiscali e a reati contro la pubblica amministrazione, anche attraverso la corruzione in atti giudiziari". In una nota congiunta le due Procure scrivono che le "indagini hanno preso le mosse da distinti input investigativi convergendo sull'operatività dei due sodalizi criminali, consentendo la ricostruzione di ipotesi di bancarotta fraudolenta da parte di soggetti non riconducibili alla struttura delle organizzazioni". In particolare il gip di Roma ha emesso misure cautelari personali oltre che per Amara, Centofanti e Bigotti anche per Luciano Caruso. Alcuni nomi, in particolare quello di Amara e Centofanti, compaiono anche nell'ordinanza emessa dal gip di Messina che ha disposto il carcere per Longo chiedendo l'applicazione di misure cautelari anche per Alessandro Ferraro, Giuseppe Guastella, Davide Venezia, Mauro Verace, Salvatore Maria Pace, Gianluca De Micheli, Vincenzo Naso, Francesco Perricone e Sebastiano Miano.
Tra i fermati anche Giancarlo Longo, 49 anni, magistrato ordinario, già sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa e destinato ad altre funzioni altrove. Coinvolti, come già accennato, l'avvocato Piero Amara, di Augusta (Siracusa), e gli imprenditori Fabrizio Centofanti e Enzo Bigotti, quest'ultimo già coinvolto nel caso Consip.
Indagato anche Riccardo Virgilio, ex presidente di sezione del Consiglio di Stato, oggi in pensione, per il reato di corruzione in atti giudiziari contestato in concorso con Amara e Calafiore. Nel suo caso, scrivono gli inquirenti, "la richiesta di misura non detentiva è stata respinta per assenza di ragioni cautelari". Secondo le tesi accusatorie, negli ultimi cinque anni, alcuni degli indagati avrebbero tentato di inquinare in modo rilevante diversi processi, sia nel penale che nel civile. Longo, in particolare, in cambio di 88mila euro in contanti e vacanze a Dubai per tutta la famiglia, sarebbe riuscito a difendere gli interessi di Amara mettendo in piedi dei procedimenti "specchio" e riuscendo così a ottenere informazioni che non gli competevano. IN realtà secondo le indagini, i metodi usati da Longo erano tre: creazione di fascicoli "specchio", che il magistrato "si auto-assegnava - spiegano i pm che hanno condotto l'inchiesta - al solo scopo di monitorare ulteriori fascicoli di indagine assegnati ad altri colleghi (e di potenziale interesse per alcuni clienti rilevanti degli avvocati Calafiore e Amara), legittimando così la richiesta di copia di atti altrui, o di riunione di procedimenti; fascicoli "minaccia", in cui "finivano per essere iscritti - con chiara finalità concussiva - soggetti 'ostili' agli interessi di alcuni clienti di Calafiore e fascicoli "sponda", che venivano tenuti in vita "al solo scopo di creare una mera legittimazione formale al conferimento di incarichi consulenziali (spesso, radicalmente inconducenti rispetto a quello che dovrebbe essere l'oggetto dell'indagine), il cui reale scopo era servire gli interessi dei clienti di Calafiore a Amara".
Nel mirino c'è anche l'inchiesta che coinvolge Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, rinviato a giudizio per una tangente da oltre un miliardo di euro per un giacimento petrolifero in Nigeria. Amara, difensore di Eni, avrebbe tentato di far passare Descalzi per la vittima di un complotto internazionale ordito dai servizi segreti nigeriani. Il tutto attraverso una finta indagine organizzata con la complicità di Longo. I metodi "disinvolti" usati da Longo sono ben esemplificati proprio in quello che riguarda il cosiddetto caso Eni. Longo, su input di Amara, legale esterno dell'Eni, avrebbe messo su un'indagine, priva di qualunque fondamento, su un presunto e rivelatosi falso piano di destabilizzazione della società del cane a sei zampe e del suo ad Claudio Descalzi. In realtà, per gli inquirenti che hanno arrestato anche Amara e Calafiore, lo scopo sarebbe stato intralciare l'inchiesta milanese sulle presunte tangenti nigeriane in cui Descalzi era coinvolto.
Durissimo il giudizio espresso dal Gip : "In qualità di pubblico ufficiale svendeva la propria funzione", si legge nella misura cautelare emessa a suo carico. Il giudice scrive che Longo "ha dimostrato di possedere una personalità incline al delitto, perpetrato attraverso la strumentalizzazione non solo della funzione ricoperta, ma anche dei rapporti personali e professionali". "La gravità delle condotte da lui poste in essere in qualità di pubblico ufficiale che svendeva la propria funzione, - prosegue - concorreva alla redazione di atti pubblici ideologicamente falsi, si faceva corruttore di altri pubblici ufficiali, con piena accettazione da parte degli stessi, che venivano per giunta da lui remunerati con soldi pubblici, intratteneva una rete di rapporti dall'origine oscura e privi di apparente ragion di essere oltre che, in certi casi, contraria ai più elementari principi di opportunità, depone nel senso della assoluta insufficienza a contenere il pericolo di reiterazioni criminosa attraverso misure diverse e meno afflittive della custodia cautelare in carcere".