LA COOPERAZIONE STRATEGICA PER LIBERARE DALLE CONDIZIONI CHE FORZANO A MIGRARE

Nel 2016 oltre 5 mila migranti sono morti nel Mediterraneo, secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Coloro che arrivano in Europa spesso confessano di non avere nemmeno immaginato le condizioni in cui avrebbero viaggiato né le difficoltà cui devono fare fronte i migranti che arrivano nel vecchio continente in cerca di un futuro migliore. Il tema è stato al centro del convegno "Migrazioni informate e consapevoli", promosso alla Camera dei Deputati da Link 2007.
Durante l’evento è stato proiettato il documentario "Redemption song", realizzato da Cristina Mantis in collaborazione con Cissoko Aboubakar, protagonista e co-autore. Quest'ultimo, profugo guineano in Italia, decide di tornare in Africa per allertare i suoi fratelli sui rischi dell'odierna migrazione e sulle condizioni di precarietà che si sperimentano in molti Paesi europei, talvolta vicine alla schiavitù.
Nel documentario, concepito come strumento di sensibilizzazione, vengono filmate immagini della dura realtà incontrata in Europa che il protagonista, una volta giunto in Africa, proietta in alcuni villaggi e periferie urbane, con l'obiettivo di stimolare il dibattito sul tema.
Informare sui rischi legati alla migrazione e sulle reali condizioni di vita nei Paesi di arrivo è un'operazione fondamentale, che deve accompagnare la scelta di mettersi in viaggio, ha detto Nino Sergi, policy advisor di Link 2007, intervenendo in apertura del convegno. "Chiunque è libero di migrare, ma chi lo fa deve farlo in modo informato", ha continuato Sergi, sottolineando che "la possibilità di emigrare deve essere preceduta dal diritto di non essere forzati a farlo". Si tratta di un'impresa difficile, che "richiede ferma coscienza e volontà", e dove "la cooperazione internazionale può avere un ruolo primario".
Un ruolo che, come spiegato dal direttore dell’Aics, Laura Frigenti, va esercitato "contribuendo alla costruzione di società più eque" e, contemporaneamente, lavorando di più per informare coloro che partono sui rischi della migrazione verso l'Europa e sulle condizioni di vita nei paesi di arrivo. Il ruolo dell'informazione, ha proseguito Frigenti, è tanto più importante quanto più si è consapevoli che "il futuro risiede nella gestione dei flussi migratori, non nella costruzione di muri e barriere". Frigenti ha citato in tal senso il progetto CinemArena, "iniziativa storica della Cooperazione italiana per portare avanti campagne di sensibilizzazione su diversi temi", tra cui quello della migrazione.
"Abbiamo portato l'iniziativa in Burkina Faso e Senegal, dove andiamo nei villaggi per illustrare i rischi legati al fenomeno migratorio", ha spiegato il direttore dell’Aics. Un piccolo contributo "che può servire a ridurre il numero delle morti in mare". Il nostro approccio, ha aggiunto, "è quello di insistere per favorire una comprensione diversa del fenomeno migratorio, basata su dati reali, e intervenire nei paesi di origine dei flussi per agire sulle cause alla radice delle partenze".
Sulla necessità di lavorare sulle cause alla radice delle migrazioni è intervenuto anche il direttore della Cooperazione italiana, Pietro Sebastiani, sottolineando come questo sia uno dei modi più efficaci per sottrarre i giovani al fondamentalismo. Il fenomeno migratorio, ha aggiunto, "riguarda non solo l'Europa, ma anche molti Paesi africani, come l'Uganda, paese di arrivo in queste settimane di migliaia di rifugiati sud sudanesi". D'altronde, "la migrazione fa parte della stessa storia del genere umano, come dimostra la storia dell'Italia, un paese che ha saputo trarre il massimo dalla sua posizione di ponte nel Mediterraneo". Tuttavia, ha continuato Sebastiani, "è necessario che queste migrazioni avvengano in modo ordinato e consapevole". I flussi incontrollati, infatti, "rischiano da un lato di esercitare pressioni molto forti sulle comunità ospitanti, dall'altro di impoverire i paesi di origine dei flussi". Le istituzioni, da parte loro, "devono realizzare politiche migratorie che non scordino mai di mettere al centro l'essere umano e che vedano il fenomeno migratorio nel medio e lungo periodo". L'Italia "è in prima fila nel salvare vite umane, accogliere migranti e sostenere i paesi di origine e transito", tre dimensioni "complementari e necessarie".
All'evento ha partecipato anche l'ambasciatore della Repubblica di Guinea in Italia, Mohamed Cherif Diallo, il quale ha rimarcato la necessità di una maggiore collaborazione tra paesi di origine e destinazione per garantire una migliore gestione dei flussi migratori. "Se da una parte la migrazione è antica come l'uomo, dall'altra è nell'interesse di tutti che essa sia regolare e organizzata", ha detto il diplomatico, mettendo l'accento sulla complessità del fenomeno e sulla necessità di "comprenderlo in tutte le sue svariate dimensioni". Le motivazioni che spingono le persone a spostarsi "sono molteplici". Nel caso specifico della Guinea "nonostante le enormi risorse naturali del paese, il decollo economico stenta ad arrivare". Di conseguenza, "la povertà e la disoccupazione colpiscono soprattutto i giovani, che rappresentano la maggioranza della popolazione". Nel 2016, Diallo, "almeno 13 mila guineani sono arrivati in Italia"; un dato "in continua evoluzione". Tante le cause alla radice del fenomeno. Tra queste "l'instabilità nel Sahel, la proliferazione delle reti di trafficanti e, non ultimo, la debole cooperazione tra paesi di origine e paesi di arrivo dei flussi migratori". Le migrazioni irregolari, ha concluso l'ambasciatore, "hanno gravi conseguenze sia per i paesi di origine che per quelli di destinazione, dove le strumentalizzazioni politiche e mediatiche fomentano l'odio e la rabbia su questi temi".
Occorre dunque agire su più fronti se si vuole arginare il flusso delle migrazioni irregolari, frutto, come affermato dal presidente di Link 2007 Paolo Dieci, di quattro diritti violati: il diritto alla migrazione regolare, quello di vivere e lavorare nella propria terra, il diritto a vivere in pace e sicurezza e quello a un'informazione consapevole. Proprio per permettere a potenziali migranti di prendere decisioni informate e consapevoli mettendoli in guardia sui pericoli reali che potrebbero incontrare nel corso del viaggio nel deserto e della traversata del Mediterraneo, l'Oim ha lanciato lo scorso anno la campagna "Aware migrants", come ricordato da Giulia Falzoi, capo unità migration management presso Oim. L'obiettivo è quello di fornire a chi decide di mettersi in viaggio gli strumenti per scegliere consapevolmente.