In mostra i creatori della prospettiva

1424170325495_pieroE' stata prorogata fino al 28 giugno la mostra “Piero della Francesca: il disegno tra arte e scienza” allestita a Palazzo Magnani a Reggio Emilia.

Si tratta di un centinaio di opere che vedranno accanto al Maestro di Sansepolcro, i grandi protagonisti della teoria e della pratica del disegno prospettico e architettonico dei secoli XV-XVI: Lorenzo Ghiberti, Leon Battista Alberti, Ercole de' Roberti, Domenico Ghirlandaio, Giovanni Bellini, Francesco di Giorgio, Albrecht Dürer, Antonio da Sangallo il Giovane, Baldassarre Peruzzi, Amico Aspertini, Michelangelo, e molti altri.
Curata da Filippo Camerota, Francesco Paolo Di Teodoro, Luigi Grasselli e inserita nel contesto dell'Expo, racconta di artisti nati al solo scopo di portare vere rivoluzioni culturali, e uno dui questi fu, appunto, Piero della Francesca.
Attorno alla sua figura aleggia da sempre un velo di mistero e di enigmaticità dovuto sia ai pochi documenti che lo riguardano, sia alla singolarità del suo linguaggio espressivo che coniuga, magicamente in equilibrio perfetto, la plasticità e la monumentalità di Giotto e Masaccio con una straordinaria capacità di astrazione e sospensione.
Un’essenzialità e purezza di forme che trovano fondamento nei suoi interessi matematici e geometrici mirabilmente espressi nei trattati che ci ha lasciato: l’Abaco, il Libellus de quinque corporibus regularibus, il De Prospecitva pingendi e il da poco scoperto Archimede.
Ed è proprio su questi preziosi testimoni dell’opera scritto-grafica di Piero, in specie sul De prospectiva pingendi, che la mostra di Palazzo Magnani prende corpo, presentando la figura del grande Maestro nella sua duplice veste, di disegnatore e grande matematico.
Per l’occasione sarà riunito a Palazzo Magnani – fatto straordinario, per la prima volta da mezzo millennio – l’intero corpus grafico e teorico di Piero della Francesca: i sette esemplari, tra latini e volgari, del De Prospectiva Pingendi (conservati a Bordeaux, Londra, Milano, Parigi, Parma, Reggio Emilia) i due codici dell’Abaco (Firenze), il Libellus de quinque corporibus regularibus (Città del Vaticano) e l’Archimede (Firenze).
Ma il fulcro dell’esposizione è proprio il De Prospectiva Pingendi, uno dei più importanti testimoni della prospettica di Piero della Francesca. Il manoscritto, opera di un copista, reca numerose correzioni, note a margine ed estese aggiunte dell'artista stesso. Esso fa fede del lavoro di continua revisione del testo e ospita nei suoi 110 fogli numerosi disegni a mano: linee sottilissime che solcano le pagine del codice a illustrazione del testo, manifestando la straordinaria perizia grafica dell’autore.
I cosiddetti “maestri della prospettiva”, ossia gli intarsiatori, fondarono la propria arte sul repertorio di temi e di immagini contenuto nel trattato e l’amicizia fraterna che legava Piero ai fratelli Lorenzo e Cristoforo Canozi da Lendinara, intarsiatori per eccellenza, fu degna della menzione di Luca Pacioli. Albrect Dürer dimostra in più luoghi dei suoi scritti la conoscenza del trattato di Piero, mentre Daniele Barbaro compilò addirittura gran parte del suo celebre trattato prospettico (1569) seguendo il De Prospectiva Pingendi.

Bellini

Bellini

Se risale solo a Constantin Winterberg (1899) la notizia – mai dimostrata né rintracciata – che Leonardo, dopo aver saputo da Pacioli che Piero aveva compilato un trattato di prospettiva, rinunciò a redigerne uno suo.
L'evento, dunque, è un viaggio straordinario nel Rinascimento, unicità italiana che ha influenzato per secoli l’arte e il sapere dell’Occidente (e non solo) producendo i più grandi capolavori, oggi icone insuperate, della cultura figurativa mondiale e dell’immaginario collettivo.