Con la “lezione” alla Grecia perdono la democrazia e l’Europa dei popoli

Se c'è ne fosse stato bisogno il caso Grecia dimostra con plastica realtà come vi sia ormai in Europa un problema di tenuta della democrazia. Una crisi certificata non solo dalla sempre minore partecipazione alle urne, ma dal fatto che anche quelli che ancora vi si recano, non contano più nulla o quasi. Esagerazione? Purtroppo no, dato che anche i parlamenti nazionali sono stati progressivamente privati del loro ruolo sovrano come dimostrano i recenti episodi italiani relativi all'approvazione della riforma del lavoro ed in generale attraverso il diabolico rito del voto di “fiducia” settimanale. Un esercizio svolto dai parlamentari della nostra repubblica con una pistola alla tempia, il perché è molto chiaro, la manifestazione di fiducia del Parlamento nei confronti del Governo è atto necessario non solo al momento della nascita di un nuovo esecutivo il quale, per poter operare, deve avere la fiducia delle due Camere come previsto dall'articolo 94 della Costituzione, ma può essere richiesto in qualsiasi altro momento, sia dal Governo per consentire il passaggio di norme che avrebbero altrimenti vita difficile, sia mediante la presentazione in Parlamento di una mozione di sfiducia. Nel caso la fiducia non venga accordata, il Governo deve dimettersi ed il premier salire al Colle per rimettere il mandato al Presidente della Repubblica. Il governo Renzi la fiducia l’ha chiesta sia molte volte al Senato dove ha comunque una maggioranza risicata, sia alla Camera, nonostante a Montecitorio disponga di un ampio margine sulle opposizioni. A conferma del fatto che, oltre alle ragioni del “fare presto”, quello del voto di fiducia resta uno strumento coercitivo per superare divisioni nella maggioranza e, sempre più spesso, nello stesso Pd. Nulla di nuovo, perchè di questo strumento si è da sempre abusato. Ma c'è anche un altro indicatore che conferma una sostanziale “disinvoltura” nei confronti delle Camere ed in generale delle assemblee istituzionali, dal Parlamento fino ai Comuni passando ovviamente per le Regioni, ed è quello che si definisce sindacato ispettivo, quello con cui deputati e senatori, ma anche consigliere regionali e comunali, hanno modo di controllare l’attività dell'esecutivo di riferimento, sia esso il governo nazionale che un governatore di Regione o un sindaco. Parliamo delle interrogazioni, fra quelle Parlamentari ad esempio solo una su quattro, in media, ottiene una risposta, le altre restano macchie di inchiostro sugli atti. Insomma l'impressione è che le istituzioni elettive ad ogni grado siano state espropriate dal loro effettivo valore, ed il Parlamento in particolare fra decretazione d’urgenza e voti di fiducia è espropriato della funzione legislativa e ridotto a mero ente di ratifica. Per logica conseguenza il rito del voto rischia di diventare del tutto superfluo. Insomma il rischio, che perfino la presidente della Camera Boldrini ha evidenziato con il riferimento a Renzi come “uomo solo al comando” pur essendo una forzatura non è del tutto peregrino, anche se ancora vi sono sufficienti livelli di controllo che possono garantire la democrazia e poi l'idea di un Renzi golpista non è certamente un immagine reale. Tuttavia la tendenza in atto, non solo in Italia, ma in tutta Europa, non è positiva, l'idea di essere governati da alcuni piccoli despoti protetti da una retorica di tipo tecnocratico e finanziario, è un fatto dimostrato dalla vicenda greca il cui voto popolare è stato visto come un pericoloso virus da debellare prima che il contagio potesse proliferare negli altri paesi stretti nella morsa dell'austerità comunitaria. Difficile valutare quanto già oggi non siamo più cittadini titolari pro-quota dell’esercizio della sovranità democratica, difficile capire quanto siamo già sudditi e perciò schiavi di un modello economico forgiato sulle esigenze di una finanza speculativa che annulla ovunque le fondamenta della democrazia e dello stato di diritto. L'impressione è che il fenomeno sia davvero molto avanti nel determinare l'abolizione dei diritti individuali e collettivi sostituiti da un consenso ottenuto attraverso il dominio dei mezzi di comunicazione e la progressiva riduzione della partecipazione, vista non più come un disvalore, ma come un opportunità per chi vuol gestire il potere e per farlo preferisce avere il consenso di pochi e nell'astenica astensione dei tanti. Diciamo chiaramente, se il progetto andrà in porto sarà un capolavoro di ingegneria della governance in quanto i fautori su scala globale di questo nuovo modello sono stati dei geni, del male, ma dei geni. Pensiamoci bene, imporre una dittatura con l'uso della forza è relativamente semplice, e anche le contromosse sono facilmente intuibili nel concetto di “resistenza”. Riuscire invece a violentare gli oppressi carpendone surrettiziamente il masochistico consenso è opera molto più raffinata. Vediamo quanto è avvenuto con la Grecia dove la partita di Tsipras contro l'Europa dell'ortodossia finanziaria ha visto prevalere sostanzialmente quest'ultima, come del resto era prevedibile e previsto, se non altro dal momento in cui si è capito che nessun Paese, Italia compresa, avrebbe aiutato la resistenza ellenica. Insomma la piccola Grecia, di fatto isolata non poteva oggettivamente ottenere nulla o quasi. Ma un risultato in realtà l'ha ottenuto, non il rinvio della capitolazione definitiva della sua sovranità nazionale, ma il fatto che la vicenda ha dimostrato in maniera chiarissima che votare rischia di essere esercizio inutile se poi a decidere non è la volontà popolare ma una ristretta cerchia di poteri economici che muovono i fili di una pletora di tecnocrati e governanti più o meno fantoccio. Non si tratta delle solite teorie complottistiche ma della constatazione plastica che siamo dinnanzi a un pericolo per l'occidente molto più serio delle minacce del califfato nero.

Fabio Folisi